Ventolino Giramondo

C’era una volta un paese, piccino piccino, che stava adagiato in una valle.
A primavera si vedevano dalle cime dei monti solo i tetti tra le margherite; d’inverno solo i fili di fumo uscire dai camini coperti di neve; d’estate il paese apriva le finestre come le dita di una mano e d’autunno anche l’aria diventava del colore della castagna.
Un giorno ci fu una strana tempesta di vento; le foglie cominciarono a volare di qua e di là, a fare trottole grandi e trottole piccole.
Qualche bimbo cercava di rincorrerle ma il vento le spingeva sempre di più ed era sempre più veloce delle loro piccole gambe.
All’improvviso i bambini che erano rimasti a casa videro, da dietro le finestre, volare verso il cielo l’omino che puliva le strade del loro paesello.
Era su una colonna di vento e questa lo spingeva sempre più su.
L’omino era tutto pelato, con due baffetti tristi, sempre in giù; mai andavano verso su per un sorriso. Anche adesso, che l’omino andava verso su, i baffi restavano piegati in giù.
L’omino non era mai gioioso; era nero come il suo grembiulone che infilava quando spazzava le strade. Nero come gli occhialini che inforcava.
I bambini intravidero dietro i vetri degli occhiali gli occhioni spalancati dell’omino.
Poi, dolcemente, videro scendere dal cielo sia il grembiulone che gli occhialini.
Non sapendo il nome dell’omino, giusto per fermarlo nella sua corsa verso il cielo, cominciarono a gridare: “Ventolino, Ventolino, torna giù”.
Ventolino, ormai per tutti, era ormai andato via e spinto dal vento arrivò, tra le nuvole, di fronte un castello abitato solo da fatine azzurre.
Quale la sua meraviglia nel vedere che le strade intorno al castello erano linde, pulite, nastri d’argento tra mille fiori!
Le fatine, dal loro canto, si stupirono del sudiciume del povero uomo e gli buttarono addosso, con dolcezza però, acqua insaponata.
Sulla terra piovve tutta la fuliggine di Ventolino.
Questi si ritrovò candido e profumato, pronto per un viaggio che immaginava pieno di sorprese.
Quale la sua meraviglia quando gli fu detto, invece, di accomodarsi al castello!
L’omino aveva sognato sulla terra di visitare i luoghi più belli del mondo ma le sue scarse finanze glielo avevano sempre impedito.
Le fatine lo fecero sistemare in poltrona, dietro una grande vetrata del castello, e, senza che Ventolino si scomodasse, ordinarono ai venti di procedere.
Un vento chiamò a raccolta tutte le nuvole che stavano alla destra di Ventolino e le sistemò una sull’altra, una sull’altra e così via finché fece i monti più belli del mondo, bianchi di neve e a due dita dal cielo.
Ventolino era senza parole ma l’opera del vento non si fermò lì; staccò una nuvola da quei monti, la allungò tra le sue dita trasparenti e ne fece una cattedrale bellissima blu; e poi tolse il campanile alto e sottile, mise una cupola rotonda e ne fece una moschea rosa.
Ventolino non credeva ai suoi occhi.
Un altro vento chiamò a raccolta tutte le nuvole che stavano alla sinistra di Ventolino e decise che da lì l’omino doveva vedere i mari della terra; come fare se l’orizzonte era ingombro di nuvole?
Ed ecco la soluzione: ordinare alle nuvole di ritirarsi in buon ordine perché Ventolino potesse guardare da su la distesa azzurra dei mari e degli oceani.
Ventolino si perse in tutto quell’azzurro fino a sentirsi una mollichina di pane sulla poltrona.
Le nuvole, però, spinte da streghe nere, tornarono ad occupare il panorama; tornò a soffiare un vento terribile che strappò l’omino dalla poltrona e tra giravolte, capriole, salti e piroette Ventolino finì nel grembiulone, con la scopa in mano, gli occhialini sul naso, per le strade del suo paesello.
I bambini, nel rivederlo, gli batterono le mani festanti: “ E’ tornato, è tornato Ventolino giramondo!” così dicevano pensando che l’omino avesse viaggiato per paesi lontani e non sapendo che Ventolino, fermo come un re sul trono, anche se per poco tempo, aveva avuto il mondo ai suoi piedi.
Notarono, però, una cosa nuova: i baffetti incorniciavano un lungo sorriso.