LE BAMBOLE DI LANA E LO SPAZZACAMINO DI FERRO BATTUTO

Questa è una storia strana che viene da un castello lontano, bello come questo, ma che nessuno ricorda più dove era.
Era tanto tanto tempo fa.
I bambini nascevano e subito dovevano andare a lavorare.
“Sbrigati – diceva la mamma – è tardi, il padrone ti picchierà”.
“Ho sonno” qualcuno provava a dire ma senza riuscire a restare a casa.
Erano sempre ore e ore di lavoro.
I bambini si guardavano in faccia l’uno con l’altro: erano sporchi, neri di fumo, i capelli arraffati e le ginocchia graffiate. E non per un gioco un po’ più duro del solito.
Ogni tanto passava a controllare un uomo di fiducia del padrone e se qualche bambino non lavorava come doveva, secondo lui, erano botte da orbi.
I bambini non andavano a scuola e la loro giornata era organizzata così: sveglia con il gallo, subito fuori casa con una piccola bisaccia che conteneva il pane per il pranzo. Niente colazione, niente ricreazione, pranzo veloce, solo il pane della bisaccia per non morire di fame durante il lavoro e
continuare così nella fatica. Si tornava a casa quando non c’era più la luce del sole e non si poteva continuare a lavorare.
Sempre così, senza ne’ sabato ne’ domenica.
I bambini crescevano lentamente, alcuni restavano piccoli piccoli perché tutto il loro nutrimento era rubato dal lavoro e non dalla crescita.
L’unica ricchezza era quando si trovava qualche ragazzo solo un po’ più grandicello di loro che si offriva ad aiutarli quando la fatica era proprio troppa.
Niente libri, niente scuola, niente maestri, si nasceva per faticare o in campagna o nelle botteghe artigianali e si continuava per sempre così.
Non c’era tempo per il gioco.

Un giorno in quel castello di cui nessuno sa più niente successe, però, una cosa bella: le donne del borgo, intenerite dai piccoli lavoratori, decisero di fare loro una sorpresa: si inventarono dei giocattoli; erano i primi giocattoli che il castello vedeva. Aveva visto cose brutte e cose belle:
teste tagliate solo perché qualcuno non era riuscito a spiegare che non era colpevole ma anche innamorati sposarsi, bambini nascere e volare su piccole altalene sistemate tra gli alberi. Aveva visto qualche bambino trottare su cavalli che non erano proprio cavalli ma bastoni di scopa e qualche altro bambino correre e vincere su qualche altro più lento. Ma giocattoli mai.
E che giocattoli!
Erano vecchie maglie, vecchie calze che diventavano giocattoli; venivano sfilati, tagliati e nascevano bambole di lana. Avevano trecce di lana pure queste, la faccia un po’ stranita, le braccia restavano sempre tese ma quando era necessario ogni bambina riusciva a piegarle per farsi abbracciare dalla bambola.
Non sorridevano spesso, solo quando un filo rosso veniva messo come bocca e appuntato all’insù.
Le donne decisero di unire a quelle bambole di lana anche qualcosa di dolce che potesse fare felice.
i bambini; si guardarono attorno e decisero che avevano a disposizione la farina, l’olio, il miele, i fichi, le noci.
Erano tutte cose buone: misero insieme la farina, l’olio e il miele e nacquero i dolcetti natalizi.
Misero a seccare al sole dell’estate i fichi morbidi e buoni e poi li riempirono di noci: una delizia.
Sarebbero state piccole cose buone per i piccoli lavoratori.

Le bambole di lana, mentre i bambini dormivano, si raccontavano tante cose: delle confidenze fatte loro dai piccoli, dei loro sacrifici, delle loro lacrime ma anche delle cose belle che li riguardavano.
Le bambole sentivano tutto: stavano ferme durante il giorno, sembravano assenti, ma invece, appena i piccoli si addormentavano, una scrollatina… e via..veniva fuori la loro anima e la loro

voce:
“Sai, Pierino è un ragazzino in gamba: lavora nei campi e riesce ad aiutare la sua famiglia come se fosse già un papà” diceva una e l’altra subito: “Anche Francesco si dà da fare: sta con le pecore e sembra un ometto responsabile; pure Anastasia è già una donnetta garbata”.
Le bambole, era la sera di Natale, appena i bambini si addormentarono, anche quella sera tirarono fuori la voce e cominciarono le loro considerazioni uguali a quelle di sempre.
una bambola, più intelligente delle altre, fece però: “No, non è giusto che voi giudichiate i bambini e diciate che sono già ometti o donnette compiti. Adesso sono bambini, anche se carichi di lavoro, e noi dobbiamo adesso essere utili: farli sognare, farli giocare, farli ridere. Ogni bambino deve avere
il suo angolino di tempo per il gioco.”
Le bambole si riunirono in assemblea e capirono che non avevano capito proprio bene quello che dovevano fare: aveva ragione la bambola che aveva parlato in quel modo nuovo.
Finita la riunione, in quella sera di Natale, decisero che proprio perché era la notte di Natale bisognava suggellare un patto: non avevano regali speciali, non avevano luminarie e cenoni; avevano però il patto nuovo: portare il gioco ai bambini; era quello il loro regalo di Natale. Ogni anno, la notte di Natale, le bambole di lana si sarebbero riunite in un castello per impreziosire quel
patto e ricordarselo sempre bene.
Quest’anno l’appuntamento è al Castello di S.Severina.

Udite, udite: succede, però, una cosa straordinaria al Castello di S.Severina per questo Natale: avevo dimenticato di dire che il messaggio delle bambole di lana piacque da sempre a tutti. E’ piaciuto anche ad alcune persone grandi che, ormai capaci di fare un po’ di più che bambole di lana, da sempre, però, sentono la stessa gioia di quelle donne che fecero per prime le bambole di lana.
Oggi, con macchine sofisticate, fanno cavallucci, renne, carillon, presepi bellissimi: dentro c’è lo stesso cuore delle bambole di lana.
Queste persone oggi hanno chiesto il permesso di mettere accanto alle bambole di lana il loro cuore, più moderno ma egualmente caldo.
Guardate, allora adesso che iniziate la visita al Castello e troverete uno spazzacamino di ferro battuto che pare quello di un tempo, un alberino di legno ben tagliato e dipinto, due piccoli omini infreddoliti che sbucano da un cestino; non sarà difficile riconoscere accanto al cuore delle bambole
quello nuovo di queste persone moderne , che vivono nel traffico, nello smog, nel rumore ma che hanno gli stessi sogni delle bambole di lana.

Il Vostro Poldino