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Era la notte di Natale.

Anche la città di Crotone si preparava a festeggiare la nascita del Bambin Gesù.

Dal Castello di Carlo V, uno dei punti più alti della città, il custode guardava le file di luci che si allungavano nel buio, fino a Capocolonna.

Ne ripercorreva, con il pensiero, tutto il lungomare che conosceva a memoria: era nato a Crotone e aveva percorso la strada del mare almeno due volte al giorno sin da bambino: d’estate per andare a mare, d’inverno per qualche corsa con i compagni di scuola.

Da lassù era più bello di quando lo si percorreva: dalla feritoia, aperta tra i merli del maniero, in quella notte di Natale era un fremito di luci più sfavillanti che nelle altre serate dicembrine.

Una folata di tramontana lo fece rabbrividire. Si alzò il bavero. Tra un po’ sua moglie avrebbe chiamato per il cenone; già il cenone…

Quanti ricordi, quelli di quando era ragazzino, di quando c’era ancora sua mamma…

Il vento freddo andava su e giù e il custode, impegnato nel suo ultimo giro di perlustrazione, guardava attento: la cupola del Duomo, i tetti del centro storico, il porto con le sua banchine; tra un po’ si sarebbero visti i fuochi d’artificio alzarsi da punti più lontani e sarebbe stato facile indovinare dov’era Rocca di Neto, Strongoli, altri borghi e paesi della provincia.

Il freddo incalzava.

L’ultimo catenaccio era stato già sistemato quando…

Solo per il custode si aprì uno spettacolo straordinario…

Dal cielo cominciarono a piovere le stelle. Scendevano fin sui merli del Castello e tornavano su con giri, movimenti, danze che ben presto trasformarono il polveroso e austero maniero in un luogo da sogno.

Mentre le stelle cadevano, dalle porte, che sprangavano nelle ore notturne i cunicoli che collegavano il maniero al mare, era una risalita di figure sottili e eleganti:

Una, due, dieci, cinquanta, cento fatine erano lì, davanti ai suoi occhi; sfilavano bellissime; gli occhi del custode cominciarono a contare quelle fatine tutte in fila. Da dove iniziava la fila?

Doveva iniziare dal mare!

Le fatine uscivano dall’acqua , dal mare di Crotone, e, leggere, percorrevano i cunicoli segreti, fino ad arrivare su alla torre, sul ponte del Castello.

Arrivavano asciutte, piene di boccoli e di trine, con le loro bacchette magiche appena stillanti d’acqua.

Erano, erano, erano…fate!

Il custode non credeva ai suoi occhi.

Si rannicchiò in un cantuccio della torre, pensandosi non visto, e guardò.

Le fate, che, pareva non sentissero freddo, si avviarono verso punti diversi del Castello; alcune si dirigevano verso la sala di S.Giacomo, altre verso le prigioni di S.Caterina, altre verso la spelonca.

Alcune si collocarono su per le scale che portavano ai piani della torre che, andando verso giù, si allargava come una campana.

Tutte le feritoie furono occupate; le fate guardavano la città ammirate ma subito dopo le voltavano le spalle per prepararsi a quanto era stato organizzato.

E per essere giurate lucide e preparate.

Ma cosa era stato organizzato?

Una gara!

Si, una gara di fate, come quelle che fanno i bambini di tutte le città per vedere chi è più bravo tra loro.

Ma in che cosa si sarebbero misurate?

Si sarebbero misurate nella gara della luce.

Come?

Non avevano giochi, non conoscevano il luogo.

Colpite dalla pioggia di stelle che circondava il castello, decisero che avrebbero giocato niente di meno che…con gli astri.

Intanto qualche tocco di campana saliva dal centro storico fino al castello come se chiamasse qualcuno ad un appuntamento.

Erano suoni fiochi rispetto a quanto stava succedendo nel maniero, dove tutto era vivace e splendente. Anche i suoni.

Le fate, che avevano imboccato la stradina che portava alla sala di S.Giacomo, con un tocco di bacchetta magica ordinarono alla luna di seguirle.

La luna si staccò dal cielo e seguì le fate fin nel salone di S.Giacomo.

Le altre, che avevano imboccato il percorso che portava alle prigioni di S.Caterina, ordinarono al sole di seguirle.

Questo, che dormiva già da un pezzo, ancora assonnato le seguì. Era notte e nessuno si accorse, da questa parte della terra, che il sole aveva lasciato il suo posto. Per l’altra parte che sarebbe rimasta al buio, in sua assenza, chiese aiuto ad un sostituto.

Le fate, che si erano dirette verso la spelonca, ordinarono alle stelle cadenti sul castello di riunirsi e seguirle: fu così che subito si formò un cocchio luminoso di stelle e le fate, saliteci sopra, si persero sulla strada verso la spelonca, come inghiottite da un vento.

“Cosa succederà?”

Questo si chiedeva il custode che aveva visto precipitare dal cielo gli astri al seguito delle fate.

“Sicuramente ci sarà un terremoto e questa notte di Natale passerà alla storia!”

Pian piano il custode, che conosceva benissimo tutte le scorciatoie del castello, decise di andare a spiare; subito si recò nel salone di S.Giacomo: la luna non era più sospesa in alto, per come siamo abituati a vedere, ma dal basso illuminava lo splendido salone.

Sui muri del salone, come d’incanto, si disegnò la città di Crotone; appariva con aspetti alterni, ora invernali ora estivi, ora trapuntata di ombrelloni colorati ora sotto un velo di neve che magicamente…imbiancava la spiaggia.

Le fate erano state straordinarie; dal buio salone era riapparsa Crotone, il luogo dove avevano deciso di sfidarsi. Era un omaggio alla città.

Il custode corse a vedere quanto stava succedendo, invece, nelle prigioni di S.Caterina.

Qui il sole aveva prima dovuto portarsi al cuore tutti i suoi raggi per poter entrare. Adesso, con i raggi riaperti, illuminava dal pavimento quel luogo che certamente aveva visto tante lacrime.

Era stato un luogo di pena.

Qui la gara era quella di riportare il sorriso in un posto dove tante lacrime erano state versate, sia lacrime sincere sia lacrime di rabbia.

Le prigioni di S.Caterina, illuminate dal sole, erano adesso solo un luogo di luce e di sorrisi.

Era stato anche questo un omaggio alla città, un gesto per cancellare, almeno per qualche minuto, i ricordi funesti che potevano averla vista afflitta.

Il custode si ricordò del terzo gruppetto di fate, quelle che erano salite sul carro di stelle.

Dov’era?

Corse immediatamente verso la spelonca.

Non era più una parete minacciosa di pietre irregolari e appuntite; era diventato un mantello di velluto Ai suoi piedi le stelle tremolanti illuminavano con riflessi delicati i pensieri dei cittadini crotonesi che le fate avevano deciso di svelare: erano pensieri carichi di sogni, ma soprattutto di desideri di salute, di pace. Il custode si intenerì, quando vide che il desiderio prevalente era quello dell’armonia.

Le fate, frementi, aspettavano il verdetto della giuria.

Questa, staccatasi dalle feritoie, indicava un punto luminoso, più carico di luce di quanto se ne fosse vista sia nel salone di S.Giacomo sia nelle prigioni di S.Caterina sia nella spelonca.

Veniva da una culla allestita nella torre dal custode.

Era la culla di un presepe natalizio.

Le fate capirono subito, appena il custode cominciò a parlare, perché la culla brillava di più di ogni altro luogo; attorniato dalle fatine scintillanti, l’uomo diceva: “Stanotte è la notte santa. Ricordiamo il Bambin Gesù che nacque ormai da più di due millenni; si fece piccolo, bambino, e nacque come tutti bambini del mondo. Non ebbe paura di farsi piccolo per arrivare fino agli uomini della Terra e dire loro che era arrivato il momento di cominciare a volersi bene l’un l’altro, anche quando qualcuno sbaglia e ci fa male.”

La fatine guardarono il custode e cominciò un prodigioso fenomeno: gli astri tornarono al loro posto: la luna, il sole le stelle uscirono dal castello e volarono verso il cielo. Una alla volta, ogni fatina soffiava sulla sua bacchetta scintillante, l’abbassava in segno di ossequio verso la culla e poi si dirigeva in volo verso il mare dove si immergeva fino a sparire.

Rimase solo la culla nella notte crotonese. Ogni Natale, se passate da qui, la trovate.

E’ una promessa.

Brilla sempre nella torre e la sua luce, insieme alle campane delle chiese del centro storico, ricorda a tutti che lì c’è chi ha vinto la gara della luce.

Lucia Bellassai