Ventolino Giramondo

Pane e cioccolata per Michelangelo                

 

Michelangelo era un bambino di otto anni.
Viveva con la sua famiglia fatta di mamma, papà e il fratellino...

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Copertina

Presentazione del libro “Pane e cioccolata per Michelangelo” di Lucia Bellassai

Quando, nei giorni scorsi, io e Lucia ci siamo sentite, in vista di questo appuntamento, ci siamo anche scambiate qualche battuta sul piacere, sul divertimento che aveva procurato ad entrambe trattare delle tematiche delicate riguardanti l’infanzia attraverso l’arte, la fantasia, la narrazione.
“ Sai ormai ho deciso di privilegiare le cose che posso fare con gusto, con piacere, piuttosto che per obbligo” mi diceva Lucia…io ero pienamente d’accordo con lei e la telefonata finiva con l’augurio reciproco di riuscire in questo intento.
Perché parto da qui nel presentare questo lavoro?
Perchè , prima di parlare dei ragazzi, voglio fermarmi un attimo sul mondo degli adulti, su di noi, per evidenziare quanto sia importante che noi stessi, ritroviamo il gusto delle cose, e diventiamo di nuovo capaci di trasmettere alle generazioni l’entusiasmo, la passione, l’interesse, la curiosità, la fiducia, il trasporto, la positività di quanto possiamo fare, creare, trasformare.
Riscoprire questo mi pare particolarmente importante in una Europa che sta sempre più vedendo i suoi figli ammalarsi di depressione….perdere la misura delle cose e gestire l’aggressività in modo distruttivo, per gli altri o per se stessi.
Per fare questo,se vogliamo rinnovarci nella nostra dimensione creativa, noi stessi abbiamo la necessità di riprendere contatto con quella fonte di energia vitale che scorre nelle profondità di ognuno per poter guardare alla vita con occhi più sereni e fiduciosi
Dobbiamo distanziarci dal rumore di quanto si agita in superficie e “ritrovare il gusto della contemplazione” come ha scritto Alberto Moravia: “…la contemplazione è la diga che fa risalire l’acqua nel bacino. Essa permette all’uomo di ritrovare una vera fonte di energia”.
“La bellezza ci salverà” aveva detto un mistico, intendendo dire che è la riscoperta dell’energia creativa che scorre nel mondo e dentro ognuno di noi che riuscirà a farci sopravvivere alla noia, alla mediocrità e alla povertà dei nostri limiti.

Mi sembra che l’autrice si ponga perfettamente in questa linea: infatti affronta un problema sociale serio come il bullismo ma….lo fa ..ricominciando da sé…da ciò che dà gusto e piacere…dai suoi processi creativi interni che la mettono in grado di generare…questo lavoro…questo “figlio” come era solita dire dei suoi libri una scrittrice come Oriana Fallaci.

Già nei lavori precedenti era pienamente emersa la fiducia e la positività dell’atteggiamento di Lucia Bellassai rispetto al mondo ed alle capacità degli esseri umani: come nella favola dei delfini, Lucia si sottrae al sortilegio delle streghe invidiose che hanno fatto precipitare il paese nell’ apatia e nel grigiore e si impegna come i suoi delfini a “portare l’azzurro del mare nel nero del paese perché diventi meno cupo” ((Parola di Pesce).

 

Il titolo

Intanto vorrei partire dal titolo che credo sia una metafora del contenuto del testo, si parte infatti da “pane e cioccolata” ,dal nutrimento, cioè da quel grande canale di comunicazione di ogni tipo di affetti e di relazioni che è affidato alla buona qualità e all’abbondanza di un cibo.
Tutti noi conosciamo la valenza affettiva che sottostà ad una fetta di “pane e cioccolata” , primo messaggio di cura e di amore di una mamma che prepara la merenda per il suo bambino.
“Pane e cioccolata” sembra già essere una risposta alla domanda “come nutrire la vita di un bambino ...per rafforzarlo….perchè non cada vittima della propria debolezza e dell’altrui sopruso, ancora, perché non cresca nell’ostilità finendo per diventare l’aggressore di altri suoi simili?”
Nel cercare risposta mi sono lasciata trasportare da alcune libere associazioni che mi hanno riportato ad un’antica idea del pane, al profumo che dai forni si diffondeva per le strade mentre io, piccolina tornavo a casa da scuola, affamata, all’ora di pranzo…ed ho considerato dunque come il pane possa facilmente essere simbolo di antichi sapori, di tradizioni familiari intramontabili., simbolo che rappresenta il lavoro, l’impegno, la responsabilità assunta dal papà e dalla mamma che si adoperano per portare a casa il pane…simbolo di unione familiare…di condivisione di uno stesso pasto , di fraternità, simbolo di stabilità, di certezza e di dedizione dei genitori che nutrono…a tutti i livelli…i loro figli.
Questo pane nutre….nutre il corpo, nutre il cuore, alimenta gli affetti, alimenta gli scambi, alimenta l’unione, l’intimità, la protezione, la solidarietà, l’amore reciproco, alimenta l’amore per gli altri e per la vita…questo pane fa crescere sani e forti….è una terapia e, ancor prima, è un vaccino contro il malessere…è un antidoto contro il disagio…sia di chi subisce atti di bullismo a cui non sa sottrarsi per una forma di debolezza personale…sia di chi compie atti di bullismo perché non ha mai sperimentato l’empatia o perché restituisce ai coetanei l’aggressività incamerata a sua volta.

Passiamo alla cioccolata che è l’alimento più di ogni altro associato alla dolcezza…una dolcezza che non è solo del gusto ma che finisce per espandersi…per riflesso, .alla relazione, al contesto, alla compagnia con cui si mangia insieme…..è la gradevolezza di una merenda comune, è il festeggiare in allegria con il nutella party ecc….rappresenta quella dimensione di tenerezza, di confidenza, di socievolezza, di buon umore che, ancora una volta, si pone come pre-condizione per uno sviluppo affettivo e relazionale armonioso su cui poter fondare un sano senso di fiducia e di ottimismo nei confronti delle persone e della vita.
Entrambi gli ingredienti, assunti come metafora di relazioni insieme salde, stabili e affettuose sono antidoto garantito per prevenire ogni forma di squilibrio affettivo e relazionale sia nel senso depressivo che in quello della devianza sociale.

E questo perché “senza carezze non si cammina a petto in fuori e a testa alta” come diceva E. Berne ..e questo perché.. “il bambino è il padre dell’uomo” come la psicoanalisi insegna…Dunque la prevenzione deve cominciare fin dalla scuola dell’infanzia e coinvolgere gli adulti importanti per il bambino….i suoi genitori e i suoi insegnanti offrire loro gli strumenti per riconoscere precocemente i segnali legati a possibili fonti di disagio prima che questi diventino sintomi…. Il nostro Michelangelo è divenuto inappetente, insonne, con incubi notturni, paure e strategie di evitamento, conseguente ritiro sociale e chiusura anche nei confronti dei familiari a cui il piccolo non riusciva a comunicare il problema per timore di essere incompreso e giudicato male. E in realtà molte volte si può avere un atteggiamento svalutativo delle difficoltà dei nostri ragazzi che scoraggia la comunicazione dell’esperienza piuttosto che favorirla. Occorrerebbe invece dare al bambino la certezza di essere stato compreso e riconosciuto nella sua sofferenza e di non essere giudicato per questo ma , piuttosto, incoraggiato a superarla a partire dalla fiducia che noi nutriamo circa le sue capacità.
Per altri versi occorre aiutare i genitori a ritrovare l’autorevolezza del loro ruolo educativo, a riscoprire l’importanza della loro presenza, della loro vicinanza e della loro guida, perché non rinuncino ad orientare il comportamento dei figli e sappiano sostenerne le scelte se sono adeguate o scoraggiarle se sono insensate e dettate solo dall’uniformarsi alla mentalità del “così fan tutti”..

Bisogna aiutare i genitori, e soprattutto i padri, drammaticamente assenti nel rapporto educativo con i figli, ad essere ancora figure di riferimento per loro, padri che guidano, che indicano, che regolano, che contengono, che orientano, che danno un senso all’esperienza, che scelgono, che manifestano la loro idea,che dialogano con i figli…..padri che non deleghino,che non abdichino al loro ruolo di supporto e di guida, anche di fronte alle contestazioni, alle provocazioni alle prove cui i loro figli adolescenti possono sottoporli.

Cosa può succedere invece?.

Un ragazzo che fa il “bullo" può aver mangiato poco pane …e magari senza cioccolato…. Può darsi che in casa non ci fosse nessuno che potesse prepararlo o comprarlo……….può darsi che in casa ci siano stati altri problemi per cui ci si sia scordati di avere dei figli da nutrire….
Può darsi ancora che, ascoltando altri rumori, padri e madri siano diventati sordi alla fame dei loro figli….al loro bisogno di nutrimento,alle loro necessità così che i loro ragazzi abbiano scoperto che era meglio contare solo su di sé e procacciarsi il necessario ed anche il superfluo con le loro forze, ancora meglio imparare a tirar fuori la rabbia azzerando ogni sentimento positivo. Avrebbero “affamato” gli altri come essi stessi erano stati “affamati”.

Altri ancora hanno forse mangiato un pane raffermo, indurito da contrasti e conflitti, cibo che non può nutrire, pane che non si può spezzare e condividere in fraternità e della nutella non si è
vista traccia…resta solo l’invidia del pane e cioccolata preparato dalla mamma del compagno di banco, quel compagno che in qualche modo pagherà per questa “ingiustizia” che pur nasce altrove.

Ma ci sono anche i bulli che hanno mangiato solo cioccolata…..privilegiando il piacere del palato….e mettendo da parte la robustezza, la solidità, il lavoro e l’impegno che sta dentro ad ogni fetta di pane, preferendo pensare che il proprio io ha la precedenza su tutto e si può anche imbrattare con la cioccolata i grembiuli bianchi dei compagni se questo dà divertimento e fa sentire più forti degli altri .
Sono figli di genitori che spesso hanno fatto lo stesso errore… trascurando la responsabilità del pane, abdicando al ruolo della guida e diventando compagni di merenda dei propri figli, eterni Peter Pan…mi verrebbe di dire: i “padri per caso”.

Può ancora essere successo che nella famiglia di quel ragazzo ci sia stata una così grande distrazione, un così tale vuoto di presenze, una così tale mancanza di comunicazione e di senso che…il ruolo prioritario per la crescita sia stato svolto dalla televisione… dal cell. o da internet….che il bullo si sia cioè nutrito di un pane e nutella virtuale….che nutre in modo illusorio…ma lascia il vuoto di una solitudine profonda….in questo vuoto possono essere ospitati l’egocentrismo, la vacuità, l’ incapacità di empatizzare con l’altro, di condividerne vissuti e sentimenti, l’indifferenza, il distacco, il cinismo, l’immaturità nel valutare il peso delle conseguenze relative al proprio comportamento, e così un bullo può far male anche al di là di quanto non creda.
Ma può essere successo anche che quel ragazzo riproponga semplicemente un modello familiare e sociale di relazione già improntato all’esercizio della forza e della prepotenza.
Nella nostra realtà esiste una diffusione così capillare e radicata della violenza sia fisica che verbale che…alla fine non meraviglia che essa si possa riversare sui bambini più fragili o su materiali e strutture di uso comune.
Rientra purtroppo nella ristrettezza della mentalità del nostro territorio il fatto che la forza personale si misuri con l’arroganza di cui si è capaci o con quanti atti di vandalismo si riescono a compiere. E’ la sfida del ragazzo che si crede “forte e coraggioso” nella misura in cui si pone contro l’autorità dell’istituzione, infrange le regole del vivere comune e minaccia chi le rappresenta.
Sono i senza legge , figli dei senza legge, cresciuti nell’humus mafioso di molte delle comunità del nostro circondario e della nostra cittadina.
Un’eredità umana fortemente compromessa da vecchi criteri di auto affermazione violenta e da stereotipi di forza e virilità altrettanto prevaricanti e tutt’ora attivi.

 

Ma c’è ancora un altro spunto che viene dalla copertina stessa del testo:

Il nome del protagonista, Michelangelo, e l’immagine che richiama direttamente il dipinto di Michelangelo nella Cappella Sistina : la creazione di Adamo da parte di Dio; quale può essere il senso di questi riferimenti?
Nel pensarci ho intravisto una molteplicità di risposte:

Il grande valore della vita umana che deriva direttamente da Dio suo Creatore e che si traduce, negli scritti di Lucia, in un credito di fiducia per ogni essere umano.
La grandezza dei ruoli genitoriali che sono chiamati allo stesso modo a generare la vita.
la vocazione esistente per ognuno, il nostro protagonista compreso, a far della propria vita un capolavoro… proprio come Michelangelo.
la potenza creativa insita nell’arte, ivi comprese le sue possibilità di uso terapeutico nonché pedagogico e formativo. L’arte infatti rivela l’uomo a se stesso .

Anche le precedenti produzioni letterarie di Lucia invero sono improntate a questo sguardo fiducioso ed ottimistico nei confronti dell’essere umano …
Con ogni evidenza Lucia non fa parte di quel popolo stregato dal pessimismo e dal negativismo che non riesce a sottrarsi a questo incantesimo…..come il delfino della sua opera precedente (parola di pesce) la Bellassai continua ad immettere il blu del cielo nel grigio della terra…continua a credere che si può guardare all’uomo e dunque, anche ai nostri giovani ed alle nostre famiglie.., come ad esseri dotati di intelligenza, capacità costruttiva, capacità di relazione e di comunicazione…tant’è che fa “parlare” anche i pesci i quali, d’altra parte, invidiano un po’ questo mondo di significati e di valori che dà sapore e pregnanza all’esistenza umana .
Ma di estrema importanza è anche l’impegno che va garantito e che l’autrice stessa garantisce affinché ogni bambino possa avere la sua fetta di pane e cioccolata da mangiare…e perché questo pane non debba indurire così da non essere più masticabile né condivisibile…e perché non ci siano troppi bambini che abbiano pane in abbondanza e bambini in preda ai morsi della fame…..c’è un grosso lavoro sull’ infanzia che va privilegiato su tutto il resto…perché come si diceva prima, il bambino è il padre dell’uomo,…perché il futuro di ogni uomo è contenuto nei suoi primi tempi di vita….ed anche la sua salute e quella della sua comunità di appartenenza…

Come promuovere il benessere, come contenere il rischio di devianza, come prevenire il disagio in età evolutiva prima che si trasformi in patologia fisica o mentale o devianza sociale nel ragazzi di domani?

Qual è il ruolo degli adulti e quello delle istituzioni?

Penso che la prima cosa sia quella di prendere coscienza del fatto che il benessere dei bambini non è cosa da dare per scontata ma è cosa che gli adulti devono poter offrire e tutelare divenendo consapevoli delle innumerevoli circostanze in cui , al contrario, esercitano , spesso anche in modo inconsapevole, una forma di violenza non solo fisica ma anche psicologica e morale sui bambini stessi. Avere coscienza di questo è già un primo grande passo.
Rendersi conto della vacuità, della superficialità, della solitudine, della mancanza di senso in cui stiamo facendo crescere i nostri figli…anche questa è una seconda grande presa di coscienza. Nell’ Indagine dell’Eurispes del 2007 si è parlato di “ figli – padroni”, tecologicamente molto più avanzati dei genitori, che non riconoscono alcuna autorevolezza a madri e padri che, d’altra parte, cedono le armi del confronto senza neanche tentare di resistere, presi dalla fatica del lavoro, attanagliati da un forte senso di inadeguatezza personale e di coppia, presi ancora più spesso dai sensi di colpa per un matrimonio fallito o per una presenza reale mai offerta ai loro stessi figli. Figli padroni che prendono il sopravvento, dettano le regole, fissano i paletti e capovolgono i ruoli, con grave danno per i genitori ma, soprattutto per se stessi, perché c’è in realtà, nascosto un profondo bisogno di protezione, di affidamento, di intimità e di vicinanza…bisogni non più ascoltati e riconosciuti…bisogni nascosti al di sotto di una coperta di apparente indifferenza, superficialità, fuga dai sentimenti.
Si tratta spesso ragazzi che vivono all’insegna del consumo rapido e veloce di rapporti sessuali, di rapporti amicali, di sostanze che aiutano a fuggire alla noia del presente….e portano sempre più lontani da se stessi….isolati nella profondità del bisogno di amore, solo apparentemente immersi in una fitta rete di comunicazioni che sono di fatto virtuali, auto referenziali, a cui accedere o da cui recedere esclusivamente con un clik del mauss sul pc.
Pieno scollegamento tra ciò che emerge in superficie e ciò che sostanzialmente si vive. Nella sostanza invece i dati dell’OMS sono allarmanti…dilaga la depressione in età evolutiva ed aumentano i comportamenti di aggressione e di autolesionismo negli adolescenti di tutti gli stati europei….
Evidentemente noi adulti dobbiamo interrogarci sul nutrimento che stiamo dando ai nostri figli…quale pane gli stiamo offrendo….di quale farina è composto….e sappiamo ancora usare il lievito o no…forse sono saltate le dosi….e nutrirsi solo di cioccolata è una pia illusione….

Il contributo dell’arte

L’arte crea capolavori, crea vita. Nutre l’intelligenza, arricchisce l’esperienza, accresce l’umanità, potenzia e promuove il potenziale umano perché coinvolge insieme mente, cuore, anima, corporeità, sensorialità, sensibilità...affettività…processi interiori… qualcuno disse che le fiabe sono “percorsi di esplorazione spirituale”
Educare attraverso l’arte pittorica, l’arte musicale, l’arte narrativa..come nel caso di Lucia Bellassai significa coinvolgere la globalità dell’essere umano in un processo di cambiamento..e questo vale sia per colui che attiva il percorso educativo sia per colui che ne è il destinatario:
Allora se vogliamo promuovere la maturità dei nostri ragazzi, il loro benessere dobbiamo aiutarli ad integrare le loro dimensioni cognitivo-intellettive con quelle emotivo affettive e relazionale…poiché l’una dimensione si interseca con l’altra e la rafforza…..se dunque pensiamo di fare promozione del benessere evolutivo e prevenzione del bullismo .non possiamo limitarci ad interventi dettati da circolari ministeriali, effettuati a pioggia….con l’intervento di personale tecnico- specialistico che dia informazioni e detti norme agli adolescenti che affollano un’aula magna, perché magari questa partecipazione garantisce dei crediti per le discipline scolastiche.
Se vogliamo migliorare i livelli di comunicazione, stimolare la maturità della riflessione, potenziare la capacità di ascolto e di empatia con l’altro…dobbiamo scegliere un piano di intervento che privilegi non tanto l’aspetto informativo ma quello formativo…nella conduzione di piccoli gruppi che si incontrano per lavorare sulle proprie dimensioni interiori,secondo una continuità che permetta l’elaborazione completa di questo lavoro…
C’è una formazione che, per essere credibile, deve potersi basare non solo su un saper dire..e neanche solo su un saper fare…ma soprattutto su un saper essere di colui che forma….e la profondità di queste dimensioni rende ragione della complessità di questi percorsi…
D’altra parte dalla complessità dei percorsi non si può rifuggire semplicemente negandola o ripiegando su una svolta autoritaria che semplifica il tutto riducendolo ad impostazioni rigide e pre confezionate.
La complessità appartiene alla ricchezza dell’essere umano…ad essa non si può rinunciare …perché….i suoi mille colori, le sue mille sfumature sono riflessi di quell’unico, indefinibile, inafferrabile inenarrabile Volto di Colui che, fin dal il primo giorno,.. “fin dal principio …era il verbo”.
E’ a questa ricchezza che siamo chiamati a partecipare dando risposta non solo con l’intelligenza della mente ma soprattutto con l’intelligenza del cuore.

Adele Scorza

locandina della presentazione del libro Pane e cioccolata per Michelangelo