Error

C’era una volta … l’errore.
C’è ancora oggi,ma noi stasera vogliamo raccontarvi un po’ di alcune delle sue peripezie.

Era nato come un bimbo paffuto e bellissimo con un ricciolo in cima alla testa che tutte le donne, quando lo vedevano, provvedevano ad infiocchettare.
Error cresceva finché divenne grande e non aveva dove abitare; il suo paese era in cima ad una montagna in un borgo incantato come questo.
Quando tirava la tramontana camminava rasente i muri del borgo per ripararsi mentre le foglie e le carte insieme facevano un mulinello impazzito nel centro della piazza.
Quando pioveva cercava riparo sotto i cornicioni, sotto i balconi; non erano posti sicuri perché capitava pure che qualcuno finiva, approfittando della pioggia, di rovesciargli addosso acqua non molto pulita….
La situazione divenne insostenibile ed Error decise di trovare casa.
Si guardò attorno e gira di qua gira di là gli venne un’idea luminosa: perché affannarsi?
Si sarebbe rifugiato nella giara che trionfava al centro della splendida piazza.
Non costava nulla e a nessuno avrebbe fatto un torto.
Venne la notte e con un balzo fluido e fulmineo si lasciò scivolare nella giara……

Se ne stava rincantucciato nella sua bella e grande dimora .
Amava stare lì e spiare la vita della piazza dalle fessure quasi invisibili della giara vecchia e decrepita.
Rideva quando vedeva qualcuno inciampare, fare un torto ad un altro, quando qualche furfantello rubava le mele a Rosa, la fruttivendola del borgo incantato.
Rideva e la giara scricchiolava, cigolava.
Il paese si era un po’ insospettito: quella giara era rimasta sempre ferma ma da qualche tempo capitava di trovarla spostata; mai fuori dalla piazza ma mai nello stesso posto.
Doveva essere capitato qualcosa.

Si annoiava, Error, a stare nella giara nelle giornate di brutto tempo, per cui s’industriò a combinare nuovi guai.
Spiando dalla giara si ricordò che questa stava al centro di una bellissima piazza da dove si partivano molte viuzze. Era come una raggiera da cui partono mille raggi.
Decise: per ogni direzione si sarebbe divertito a combinare un guaio.Si concentrò sulla chiesa e successe all’improvviso che le campane si sbagliarono e suonarono le ore alla rovescia.
La prima volta che questo successe capitò che i contadini, nei campi, sentirono suonare le dodici che era ancora l’alba e pensarono che erano in forte ritardo e cominciarono a fare tutto di corsa; venne tutto male quel giorno e fu un disastro.
La cosa si ripeté; i tempi si imbrogliarono e successero tali disastri che la gente litigò e si diede botte da orbi.
Error rideva e la giara ballava in piazza per le sue risate.
Non pago, un giorno puntò lo sguardo verso la casa del sindaco e decise di seminare lì le sue malefatte.
Il primo cittadino, persona dabbene e piena di giudizio, improvvisamente impose tasse, tasse e ancora tasse.
Il popolo che lo aveva amato pensò prima che fosse a causa di una malattia e si consultò col medico del borgo che provvide a purgare il malato.
Purga oggi, purga domani il sindaco si ammalò veramente; le tasse rimasero e la giara ballava ancor di più per le risate dell’errore.
Error cominciava di nuovo ad annoiarsi quando un giorno mirò i suoi occhioni spiritati verso il palazzo di giustizia.La giustizia era stata una virtù di quel borgo; i giudici punivano solo i malfattori e cercavano sempre di non sbagliare quando dovevano giudicare. A causa di Error nel borgo incantato gli onesti vennero messi dietro le sbarre e ai ladri fu assicurata una vita piena di lussi.All’incriminazione di Lucia, la scrittrice di fiabe amica dei bambini, l’inquilino della giara rise così a crepapelle che questa finì con il rovesciarsi e gli abitanti del borgo scoprirono che qualcuno l’abitava.Non riuscirono a stanarlo nemmeno con i forconi, con il fuoco. Due omaccioni presero la giara, la capovolsero, la agitarono ma non venne via il misterioso abitante.
Era una specie di incantesimo cattivo.Un giorno il vento portò un messaggio al borgo; nel messaggio era scritto come liberarsi dall’incantesimo: il misterioso abitante non sopportava la vista dei colori. Il borgo si organizzò immediatamente; quel tipo doveva lasciare la giara e la piazza da cui erano partiti tutti i guai. Doveva lasciare il borgo e scivolare via da quel posto incantato. Alcune donne filarono tessuti coloratissimi, altre li tagliarono, altre li cucirono e chiesero il permesso a don Serafino, il prete del paese, di appuntarli come un fascio di spighe al campanile della chiesa. Il parroco disse di sì ed accadde che l’errore schizzò via, come una saetta dalla giara, lasciandola vuota e quieta.
Nel borgo tornò la pace sotto un arcobaleno che ancora oggi continua a ridere dal campanile.

La favola è stata scritta in occasione della serata finale di Castelfiaba 2006 di cui Lucia Bellassai è direttore artistico.