Scorzette d'arancia

L’ALBERO DELLE PENTOLE

Ancora una volta il piccolo cieco cadde; era terrorizzato dall’idea di sbattere contro qualcosa; era meglio non camminare. Così pensava, anche se, quelle poche volte che si era avventurato sulle due gambe soltanto, aveva fatto scoperte meravigliose. Invece, così, quasi per terra aveva addirittura perso il ricordo della parole. Nel suo cuore sperava che succedesse a lui quello che era successo a “Scatolino”.

C’era una volta “Scatolino”.Attenzione, bambini!“Scatolino” era il nome di un bambino come voi. Era un bambino cieco. Lo chiamavano così perché se ne stava sempre  come un cagnolino e da lontano pareva proprio uno scatolino.Stava così piegato perché aveva imparato a camminare ma un brutto giorno finì con lo sbattere violentemente contro l’albero delle pentole, che era il palo al quale tutte le donne del paese ,dove abitava, appendevano le pentole di casa. Da allora non volle più camminare sulle sue due sole gambe ma, piegato sulle ginocchia, andava come un cane o un gatto in giro per ogni luogo.Pensava che sulla sua testa ci fosse solo il mondo delle streghe, di tutto il male possibile. Non aveva sbagliato di molto perché su di lui si era stabilito un incantesimo malvagio: le streghe avevano deciso di renderlo anche muto.Preferiva così vivere quasi rasoterra, dove pensava di incontrare solo le fate.“Scatolino” sapeva bene quale differenza ci fosse tra le streghe e queste ultime; anche se non ci vedeva, sapeva quale era la differenza; glielo avevano raccontato in tante favole. Al piccolo capitava di imbattersi contro molti animali; era diventato amico di tutti, andava d’accordo con cani e gatti, con caprette e pecorelle. Riusciva anche a farsi capire da questi e a capirli ma successe una cosa strana; dimenticò di parlare come parlavano gli altri bambini.Un giorno, una fata si fermò a guardarlo. “Scatolino” parlava da solo, come fanno tutti i bambini. Si era inventato un amico come lui, che non vedeva, e cercava di parlare almeno con lui raccontandogli del suo mondo. La fata restò incantata; il bambino si faceva le domande e si dava le risposte. Era però troppo il tempo di quel dialogo; il bambino doveva tornare a parlare con gli altri bambini.La fata punse un dito del bambino con un ago magico e questi fece: “Ahi” e immediatamente un altro bambino si avvicinò e chiese: “Ti sei fatto male?”La voce veniva dall’alto e era una musica per le orecchie di “Scatolino” al quale tornarono in mente, per magia,  tutte le parole che aveva imparato.Non era difficile, tornavano su con facilità; allungò una mano e sentì un naso, due occhi, una bocca e si portò le mani alla sua faccina trovando un altro naso, altri due occhi, un’altra bocca.L’incantesimo cattivo si ruppe e “Scatolino” tornò a parlare; gli alberi delle pentole di tutte le case fecero festa.

Per dovere di cronaca, devo dirvi che anche il nostro piccolo cieco un giorno camminò solo sulle due gambe e, come a “Scatolino”, gli tornarono in mente tutte le parole imparate.