Scorzette d'arancia

PETER

Anche per il piccolo cieco era arrivata la settimana delle vacanze.
Tutta la famiglia sarebbe andata sulla neve.
Il piccolo sapeva che mamma e papà sarebbero andati via e per lui ci sarebbero state lunghe ore sul terrazzo, al sole, solo.
E invece fu una settimana bellissima perché qualcuno gli raccontò la storia che adesso io racconto a voi.

Peter se ne stava per intere giornate raggomitolato in un angolo della sua casa.La conosceva a menadito. Qua il tavolo della cucina, qua la sedia sua, là quelle dei suoi.Più in là, senza cercare più a tentoni, ecco il suo letto.Era proprio un re a casa sua; fuori, però, era veramente tutto un gran pericolo.All’inizio, come tutti i bambini della terra, aveva imparato a conoscere le cose: le afferrava, le prendeva con tutte e due le mani e ne studiava i bordi; tutto per tanto tempo, finché conosceva di ogni cosa la forma perfetta.Quando sentiva di conoscerle perfettamente, sorrideva felice.Da fuori si sentiva scorazzare sempre una ciurma di ragazzini festanti, che lo escludevano dai loro giochi. Non dicevano nulla, non protestavano se qualcuno dei grandi imponeva loro Peter ma questa storia, al piccolo, non andava proprio giù. Sentiva di non essere uno di loro.Un giorno, Peter udì dire che nevicava. Che sarà una nevicata?Il mondo per lui era rimasto eguale, solo aveva sentito prima un po’ più di freddo in più e adesso un silenzio che rendeva le cose più lontane. Dove erano andate le cose?Allargò le braccia perché aveva una sensazione di vuoto strana che non aveva mai conosciuto prima.La casa pareva vuota e da una finestra lasciata aperta da chissà chi entrò un fiocco di neve che si poggiò sulla manina di Peter.Il bambino pensò subito all’acqua fredda della fontana, quella dove beveva felice quando era accaldato fino a farsi entrare l’acqua nel collo della camicia sudata.Questa cosa, però, nelle mani era soffice. Peter la poteva chiudere nelle mani. Ci provò al primo e anche  al secondo fiocco che, stranamente per lui, dopo la prima stretta, non c’erano più poi tra le dita.Peter, investito da quella nevicata, improvvisa che lo abbracciava dalla finestra di casa sua, lasciò che i fiocchi successivi si posassero sulle mani senza più stringerli.Rimaneva sempre buia l’aria per Peter ma mille dita gli sfioravano delicatamente la faccina.E, preceduta, da tutti quei fiocchi arrivò finalmente una voce calda e buona:“Sono l’Inverno; tutti hanno paura di me, quelli che mi vedono mi accusano di spogliare gli alberi, di fare sentire freddo agli uomini e agli animali; io, però, faccio il mio dovere; mando a dormire tutti, gli uomini e la natura, perché, poi, al risveglio si sentano meglio. Non è così Peter anche per te? Tu mi capisci.”“Sì” sussurrò il bambino per niente spaventato.“Giochiamo” fece la voce. Due braccia robuste e muscolose  lo sollevarono da terra facendolo volare per aria gioiosamente.Così andò per tutti gli inverni dell’infanzia di Peter. Il piccolo sentiva il cuore dell’omone battere forte sotto il cappotto, ogni volta che i piccoli voli per aria si chiudevano tra le braccia dell’uomo che lo accoglieva. Peter gli infilava le mani sotto il bavero e ritrovava sempre quel gran cuore che batteva e che ormai conosceva come il suo. Gli altri vedevano solo un uomo e un bambino giocare ma Peter sentiva che aveva un amico nuovo che non lo evitava ma che anzi gli aveva detto che solo lui, proprio Peter, poteva capirlo.

Al ritorno dalla passeggiata sugli sci, mamma e papà trovarono il piccolo cieco estasiato e molto più felice di loro due che non avevano sentito nemmeno una parola di questa magnifica storia.