Ulisse e Ogigia

C'era una volta un pesce che abitava nel mare di Crotone. Il suo nome era Ulisse. Era rosso e grassottello e per questo tutti gli altri pesci lo prendevano in giro. Sembrava un orsetto a volte, imbronciato e arruffato e faceva tenerezza alle pescioline; altre volte sembrava un paperottolo incerto e timido; altre volte faceva paura ai pesci più grandi perché si erano accorti che Ulisse era intelligente. Sì, proprio intelligente; capiva prima quanto succedeva poi; guizzava fluido tra le rocce comprendendo prima che fosse troppo tardi quale trappola poteva esserci. Per questo motivo i pesci saggi del mare di Crotone avevano pensato che era giusto sentirlo, ascoltare quanto pensava; se pensava bene lo avrebbero eletto tutti sindaco del mare di Crotone. Se poi riusciva anche a trovare un patto con gli umani che li minacciavano con le barche e le reti lo avrebbero fatto senatore del governo di Napoli, che era la capitale dei mari d'Italia. Era anche amico di tutti e quando prendeva il largo dagli scogli del porto di Crotone verso Capocolonna, moltissimi alzavano una pinnetta, festosi nel salutarlo, gioiosi perchè Ulisse era sempre gentile con chiunque. Ulisse scivolava verso Crotone con colpi di coda saettanti. Se ne andava canticchiando, godendosi i colori splendidi che il sole riusciva a fare arrivare fino negli abissi dove lui nuotava. "Mi piace andare in giro d'inverno - diceva Ulisse - vedo che in superficie tutto è bianco, come la neve della Sila; in primavera è invece tutto di una luce tenera come i fiori che buttano dalle barche a maggio i crotonesi che festeggiano la loro Madonna; d'estate è tutto blu, e si fa fatica a capire dove finisce il mare e inizia il cielo. E' vero che lo si comprende quando si fa lo spiritoso e cioè quando si esce dall'acqua per saltare e ci si rimettono le pinne quasi... D'autunno è tutto arancio e marrone, con sfumature dolci come il miele. Io ne sono ghiotto, quasi come un orso." Andava in quella settimana a trovare alcuni suoi amici, che erano considerati dagli altri pesci di Crotone come i saggi della situazione che dovevano scegliere il migliore sindaco di quel mare. Volevano per questo scambiare quattro chiacchiere con Ulisse, soprattutto sugli infernali umani che stavano sulle loro teste. Ulisse sapeva che poteva diventare sindaco del suo mare. La cosa gli piaceva; solleticava il suo orgoglio: avrebbe portato la sua fidanzata in giro e l'avrebbe presentata a tutti come la futura moglie del sindaco. Ma queste cose non erano molto importanti; poteva anche essere che la sua pescetta si sarebbe innamorata di un altro pesce più bello di lui. E poi la sua pescetta era una pescetta, non un'umana. Gli umani hanno un'educazione, una cultura, usano la ragione e i sentimenti anche se a volte capita pure a loro di dimenticarsene. La sua pescetta, invece, avrebbe usato solo gli istinti e per questo poteva pure accadere che lo avrebbe lasciato. Queste però erano cose personali. Gli sarebbe comunque piaciuto essere un umano per avere più probabilità di non essere mollato. Ulisse e Ogigia
Intanto Ulisse cominciò la sua campagna elettorale e per prima cosa pensò di andare a trovare Pesce Palla, il suo amico che stava in una grotta sotto gli scogli di Capocolonna. Lo aspettava per una cenetta. Ulisse bussò e aprì. "Vieni, vieni avanti; fammi vedere le tue pinne; sono lucide, forti; hai mangiato bene in questo tempo che non ci siamo visti. Ti sei fatto più grosso." Ulisse, che aveva già puntato il muso verso la cucina, si fermò. Non ci aveva pensato mai fino in fondo. In effetti si era pappato altri pesci, come lui. Era stato proprio un cannibale. Gli passò l'appetito. Voltò la coda verso la cucina e si sistemò tra le due poltroncine di roccia. "Senti, Ulisse, che cosa ti piace degli umani che stanno sulla nostra testa?" fece Pesce Palla puntando subito al nocciolo della questione. "Mi piace l'intelligenza" rispose Ulisse. "Vedi, loro sono stati capaci di costruire le case, quei palazzi alti che vediamo quando noi saltiamo fuori dall'acqua. Hanno inventato la ruota e per questo fanno minore fatica a trasportare qualsiasi cosa mentre noi facciamo una fatica micidiale per ogni cosa. E poi, è vero ci danno la caccia, ci intrappolano nelle loro stramaledette reti e noi finiamo su griglie infuocate e infilzati in spiedini roventi. Però non si mangiano tra di loro. Si sono dati delle regole, si rispettano. Noi invece: è una giungla, i più forti hanno il sopravvento sui più deboli. E quand'è che i deboli avranno la possibilità di avere ragione dei loro diritti?" Pesce Palla si pulì il muso con un tovagliolo. Aveva finito di mangiare un pesciolino che aveva inseguito per due giorni; si leccava i baffi mentre lo seguiva; sapeva che sarebbe stato molto saporito. Dopo le parole di Ulisse allontanò il piatto; l'amico aveva ragione; aveva approfittato di un pescetto debole che adesso gli faceva quasi pena. La cena si concluse in malo modo. I due si salutarono e Ulisse tornò a casa. Mentre nuotava, vedeva i falò accesi dagli umani. Erano falò, quelli di cui parlava il nonno, o, magari, erano altri punti luminosi, magari artificiali? Quegli umani. Erano riusciti a illuminare la notte. Caspita se non erano intelligenti! Arrivato a casa, si infilò nel lettino e si fece una bella dormita. Il giorno dopo era ospite di Pesce Comodino. Anche questo era un saggio dei mari crotonesi. Abitava a Le Castella, sotto il maniero con cui ci si difendeva dai saraceni. Aveva un bel tragitto da fare Ulisse e mentre andava si godeva i prati di posidonia, che fluttuavano leggeri e garbati. Ulisse ricambiava il saluto piegando la testa e alzando la coda. Arrivato da Pesce Comodino, lo trovò alle prese con un gran raffreddore: si era buttato in acque troppo fredde per la sua età; spesso Pesce Comodino dimenticava di avere tanti decenni sul groppone. Tra il termometro e un sorso di buon sciroppo Pesce Comodino cominciò subito: "A te che piace degli umani?" "A me piace che ogni pesce piccolo ha un papà e una mamma e dei fratelli. Fanno una famiglia insieme e vivono nella stessa casa. La mamma e il papà si preoccupano dei più piccoli. Non è come da noi, che se incontri la tua mamma, manco più ti guarda dopo un po' di tempo che sei nato. Non è vero?" A Pesce Comodino spuntarono due lacrimoni. Era successo anche a lui di cercare la mamma quando era piccolo ma questa non si era nemmeno girata al suo richiamo. "Come mi sarebbe piaciuto essere un umano!" fece il povero Pesce Comodino, asciugandosi gli occhi umidi per il raffreddore e per la commozione. "Hai ragione; gli umani si comportano meglio di noi. E ora vai perché io sono vecchio e mi devo mettere sotto le coperte." A Ulisse sembrava un gioco. Era così facile dimostrare agli anziani le sue ragioni. Stava tornando a casa quando la vide. Era quella sirenetta dalle pinne luminose che gli aveva fatto girare la testa. Era bellissima e con le sue amiche se ne andava di notte, quando il sole era andato a dormire, a fare i giochi d'acqua: sceglievano o il castello di Crotone o quello di Le Castella per lanciare dall'alto dei merli dei nastri di luce e su quei nastri scivolavano dall'alto verso il mare, come su lunghissime altalene. Era bello vederle sfrecciare sui ponti luminosi, con i capelli lunghi al vento, ridenti andare giù velocissime a braccia aperte verso l'acqua. Le corse sui nastri finivano in grandi risate. Di giorno le sirenette se ne stavano nei fossati del castello di S.Severina o di quello di Caccuri o di quello di Ciro'. I fossati erano in comunicazione tra di loro e le sirenette si davano il cambio perché il loro mestiere era quello di fare la guardia ai castelli e alle torri della zona. Ulisse era innamoratissimo di una di loro, che si chiamava Ogigia: aveva i capelli rosa, la coda azzurra, ed era bella come un'umana. Doveva pure avere l'animo gentile degli umani e delle umane innamorati. I saggi del mare di Crotone intanto si riunirono: bisognava fare in fretta e stringere un patto con gli umani; il miglior sindaco sarebbe stato Ulisse. Ulisse fu subito eletto e il popolo dei pesci scelse per lui la moglie ideale. La scelta cadde nientedimeno che su Ogigia. La festa di nozze fu bellissima: dai nastri di luce dei castelli che stavano sul mare Ulisse e Ogigia volavano festosi verso le acque mentre tutti i pesci brindavano e ballavano. Fu una scelta giusta: Ulisse fu il miglior sindaco dei pesci di Crotone e con la sua Ogigia visse felice e contento per lunghissimi anni nel nostro mare. La leggenda dice che qualche sera stellata i due tornano ed è possibile vederli passeggiare sotto la luna ancora innamorati.